La sfida per un movimento che cresce ma non esce ancora dai propri confini

La Rete Europea di Promozione dell’Economia Sociale e Solidale (o Solidarity Europe) compie 2 anni. Fondata nel settembre 2011 a Barcellona, ha celebrato il suo secondo congresso in Francia, nella città di Lille, lo scorso 5-6 Luglio. Una trentina le reti rappresentate, da una quindicina di paesi. Oltre a rappresentanti e osservatori dal Maghreb (Tunisia e Marocco per la Rete Africana – RAESS – e per la nascente rete Mediterranea, REMESS) e dalle Filippine, dove in ottobre si terrà l’incontro internazionale di RIPESS.

Le iniziative di economia solidale sono sempre più numerose, eppure hanno un riconoscimento e una visibilità limitati. Come è emerso dalla conferenza d’apertura del Congresso, dedicata alle politiche pubbliche europee nei confronti dell’economia solidale, una delle sfide maggiori è rappresentata dalla capacità delle reti di riconoscersi in un movimento che va al di là della dimensione territoriale: come cambiar scala (mantenendo ben salda quella locale) per passare dalla micro-iniziativa innovativa ad organizzare delle risposte più globali, naturalmente in rete. Con una sfida particolare che è quella sull’identità: dalle discussioni nei laboratori e nei gruppi di lavoro (uno dei quali intitolato: “Il perimetro dell’economia solidale”) si è ribadita la pluralità di concezioni: economia solidale, economia sociale, imprese sociali e definizioni multiple dalle diverse tradizioni nei vari paesi. Tutto ciò arricchisce, ma non facilita l’obiettivo di trovare una visione comune o globale – che sarà ripreso nell’incontro intercontinentale di RIPESS a Manila.

La vocazione di RIPESS Europa è quella di raggruppare le iniziative d’economia solidale europee in rete, nei vari livelli: dal locale/territoriale, al regionale, al nazionale, alle varie reti e iniziative tematiche trasversali. Ma proprio per la sua natura territoriale, l’economia solidale fa fatica ad agire fuori dal suo contesto e già a livello nazionale ha un coordinamento debole (oggi presente in pochi paesi). Per questo – altro messaggio chiaro uscito dal Congresso – è necessario fare alleanze con altre reti e movimenti sociali, che sono presenti e attivi nel contesto europeo: dal commercio equo alla finanza etica, dalla decrescita alle città in transizione, dall’educazione popolare alle forme di economia sociale popolare (il movimento cooperativo e mutualistico che non si è trasformato in “social business” e impresa capitalista di fatto), dalle campagne per una tassazione equa e contro la speculazione finanziaria a quelle degli economisti “atterrées”, dalle iniziative per la sovranità alimentare alla democratizzazione della democrazia (l’onda degli indignati e delle primavere mediterranee).

E questo a tutti i livelli: l’economia solidale è radicata nel locale dove agisce a livello di comunità, nel regionale dove ha una prima sfida di coerenza economica, nel nazionale dove può rivendicare un riconoscimento e un cambiamento di politiche, in quello europeo (soprattutto per i paesi membri dell’Unione Europea, che fissa le grandi linee di politica economica, con una ricaduta che può limitare o annullare gli sforzi di cambiamento delle iniziative territoriali) e infine quello internazionale, perché siamo cittadine e cittadini del mondo, “per un’altro mondo migliore” e per la pace reale tra i popoli.

Ecco perché, anche se spesso lo spazio d’azione è quello del mercato locale, le iniziative di economia solidale hanno tutto di guadagnato a mettersi in rete per comunicare tra di loro, scambiarsi idee, pratiche e soluzioni adottate, acquisire maggiore visibilità tra la gente, essere movimento di cambiamento della società. Proprio in funzione di aiutare questa “densificazione” delle reti, RIPESS Europa ha messo tra le priorità del prossimo anno il rafforzamento e la produzione di alcuni strumenti per mettere in comunicazione i territori. Dagli standard di interoperabilità dei sistemi informativi – per permettere una mappatura aperta in grado di scambiarsi le informazioni e di dare un quadro più ampio – alla stesura del primo rapporto sullo stato dell’arte dell’economia solidale in Europa (proposto da Solidarius Italia), che permetterà di fare un esercizio collettivo per “misurare” i dati esistenti e scambiare informazioni tra territori, inclusi quelli in cui vi è una grande attività di pratiche pur non essendoci ancora reti – vedi Grecia e alcuni paesi dell’Est Europa.

Secondo Eric Lavillunière (Coordinatore generale di RIPESS Europa), il rapporto traeconomia solidale e la finanza etica è ancora molto da esplorare e mettere in pratica. “Nella finanza sociale (per esempio, nelle organizzazioni che fanno parte di reti come INAISE) c’è una certa timidezza nel lavorare con soggetti che cercano di lavorare verso una forma alternativa di economia”, afferma Lavillunière. “C’è una “simpatia” tra il mondo della finanza etica e il commercio equo, ma non veramente della forte cooperazione, se non in alcuni singoli casi. Oggi, con la crisi e il fallimento di un sistema, che ha un forte impatto sociale e ambientale, c’è una sfida reale per per l’economia sociale e solidale – dove il commercio equo (ovunque) e la finanza etica giocano un ruolo fondamentale. Dobbiamo cambiare prospettiva, e spingere per delle regole di commercio equo anche nei rapporti Nord-Nord, e non solo in quelli Nord-Sud o Sud-Sud. E dobbiamo trovare mezzi per riguadagnare sovranità economica ed essere sempre meno dipendenti dalla finanza speculativa. Non basta en’economia responsabile e più trasparente: dobbiamo mettere in pratica il cambiamento favorendo sempre più le forme alternative di economia e finanza e lavorando sempre più in rete.”

Altre proposte per il rafforzamento delle reti sono arrivati dai lavori sulle catene di produzione e rapporti tra produttori e consumatori, dalle pratiche di scambio dei “viaggi d’apprendimento” e dei “patti locali europei” (con un forte accento sulla questione del lavoro e del welfare) e infine sulla necessità di ripensare i nostri metodi d’apprendimento e pedagogici, basati sulla coscientizzazione e l’educazione popolare per l’economia solidale.