Continuiamo ad alimentare la sezione forum del nostro sito rispondendo all’invito  che Roberto Mancini fa nel numero di Aprile di Altreconomia e rilanciandone la proposta. 

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Roma, 18 aprile 2012

Caro Roberto,

ho appena finito di leggere le tue “idee eretiche” sul numero di aprile di Altreconomia e sono stata colpita dalla sintonia totale con l’analisi e le proposte che presenti.

Le risposte agli interrogativi che poni all’inizio, sui “criteri” adottati dal cosiddetto “governo tecnico”, diventano condizione decisiva per costruire – come dici – “vere risposte alla crisi e per dare vita a un progetto alternativo nel modo di concepire il rapporto tra economia e società”.

Ed è urgente che queste risposte vengano date nel senso della “formulazione di un chiaro progetto politico alternativo”. Ma per questo e per combattere la piaga di un populismo invadente – che sembra aver preso  a 360° i peggiori vizi dell’incultura del berlusconismo  – “abbiamo bisogno della crescita della partecipazione dei cittadini e anche [io direi “per questo”] dello sviluppo sistematico dell’azione dell’educazione civile nelle scuola ma anche nelle famiglie” e di “avvalersi della conoscenza”. “Ogni dimensione della vita democratica implica infatti l’accesso ai frutti migliori della ricerca e dell’apprendimento”.

Come vedi, non mi vengono parole diverse da quelle che tu usi per esprimere totale consonanza…

E, ancor più, quando da queste affermazioni di carattere generale  entri nel merito de “l’altra economia” affermando che “non può restare disseminata in una miriade di esperienze che, sebbene significative, non riescono a costituire una tradizione radicata nel Paese”.

Aggiungerei che non riescono a costituire ( o a delineare) una proposta di modello alternativo, che rischia in questo modo di essere solo evocato come esigenza, ma di rimanere confinato nell’universo delle “buone pratiche”.

Solidarius Italia – di cui sono responsabile – è piccola cosa. E’ una microimpresa (una s.a.s. – società in accomandita semplice – per l’esattezza) fondata in Italia da sei soci e opera  dal 2010 in connessione con alcuni  nodi delle reti di economia solidale latinoamericane e soprattutto brasiliane, in una logica non profit.

Ha come mission principali proprio la ricerca e la formazione “per creare, qualificare, sostenere microimprese e reti di collaborazione e di economia solidale”.

Nel lavoro di ricerca e formazione che abbiamo avviato direttamente su alcuni  territori, abbiamo cercato e stiamo cercando di operare mettendo e mettendoci in relazione non solo con le realtà che già si autodefiniscono appartenenti all’ambito dell’economia solidale. Quello dell’ampliamento dei soggetti è infatti per noi un criterio importantissimo, un indicatore della maturità delle esperienze in atto e del grado di solidarietà effettiva (leggi  ricchezza di relazioni di rete) che riescono a realizzare.

Il 18 aprile dello scorso anno  – esattamente un anno fa – Solidarius Italia ha co-promosso ad Ancona, con REES Marche e con l’Università di Ancona (Dipartimento di Scienze Sociali), proprio all’Università, un incontro composto da due sessioni. Al mattino, la presentazione del lavoro di ricerca su “Le Economie Solidali nelle Marche:situazione attuale e scenari evolutivi” , centrata soprattutto sui gruppi di acquisto solidali e il rapporto con i produttori. Al pomeriggio una sessione dal titolo “Allargare lo sguardo (e l’azione)”, introdotta da una mia comunicazione nella quale – tra le altre cose – si facevano alcune affermazioni molto vicine a quelle che tu proponi nel tuo articolo.

Le ripropongo qui come le ho poste allora, scusandomi in anticipo per la lunga …autocitazione.

“E’ il tempo delle buone pratiche (portate in rassegna ad importanti appuntamenti come Fa’ la cosa giusta, Terra Futura,…), ma – dicevo – il rischio che permane è quello della frammentazione, della dispersione, dell’invisibilità di esperienze anche di eccellenza, la cui diffusività e riproducibilità non riescono a divenire progetto di rete.

“E mentre si assiste allo sgretolarsi di pilastri importanti, anche dal punto di vista della partecipazione democratica e della democrazia economica, e ad una sempre maggiore esposizione al rischio di esclusione sociale di soggetti poveri o impoveriti dalla crisi, è tempo che proprio gli attori dell’economia solidale assumano  responsabilità e iniziativa nell’avanzare proposte di collaborazione solidale ampie e inclusive .

“Perché il processo di sviluppo di reti di economia e collaborazione solidale si attivi pienamente anche nel nostro Paese in tutta la sua complessità ed efficacia, è necessario dunque tornare ad approfondire i contesti economici, socio-culturali, storici e politici nei quale lo si ripropone nell’oggi, nelle diverse dimensioni e aree territoriali.

“Dobbiamo, in altre parole, favorire l’unirsi di energie e di mondi vitali e contribuire a rilanciare, a partire dal concreto dei contesti e delle comunità nei quali operiamo, un lavoro di coesione sociale che accompagni le persone, i gruppi a riscoprire le ragioni e le vocazioni del proprio essere in quel luogo e ad agire per costruire/ri-costruire sviluppo umano, sociale, ambientale, e, certo, anche economico, ma non scisso dalle altre dimensioni dello sviluppo.

“Il lavoro di rete nella dimensione dell’economia e della collaborazione solidale, in questa fase, comporta la necessità di rilanciare la ricerca attiva di quelle dimensioni relazionali personali e di gruppo che ciascun soggetto/gruppo è disponibile a mettere in campo per rivolgerlo al bene comune di quel luogo, di quella comunità; comporta l’acquisizione di nuova capacità di pianificazione territoriale, di costruire (o ricostruire) mappe di bisogni e di risorse (a partire, magari, proprio da cooperative/associazioni in difficoltà o aziende in crisi), costruire bilanci delle competenze,…

“Il tema, allora si sposta: si tratta di integrare la rete di collaborazione solidale in una filiera territoriale che mantenga saldi e uniti i vincoli di sostenibilità economica, ambientale, sociale e solidale, che sia in grado di integrare le persone, con il loro lavoro, i loro saperi, le loro competenze e le loro vocazioni e di cominciare a sviluppare quel processo, già evocato all’inizio, capace di alimentare un movimento di trasformazione culturale, sociale, politico, istituzionale che porti ad una nuova dimensione di cittadinanza sociale e politica. E’ il nostro modo di declinare il bem- viver.

“La sfida, ed è anche la proposta contenuta nel titolo [della comunicazione]“Ampliare le reti”, è dunque quella di trasformare le buone pratiche in azioni sistemiche in grado di coinvolgere non solo una minoranza di cittadini “responsabili”, ma proprio quelle fasce popolari maggiormente colpite dalla crisi e dai processi di esclusione sociale che questa crisi ha provocato e ancora provoca, anche nelle Marche.

Ma avevo provato a spingermi anche oltre… perché, invocando un “tavolo” “che si allunga e si allarga” proseguivo affermando:

“L’idea di questa convocazione, di questo tavolo con nuovi commensali vuole mirare a che – proprio in un momento in cui siamo tutti costretti ad un esercizio straordinario di pianificazione strategica – proviamo ad allargare le forze, a partire dalle diversità di ciascuno, ma tentando anche di cercare denominatori comuni di senso e di metodo.

“Università che si propongono come agenzie culturali e di ricerca a servizio delle comunità nelle quali sono inserite; istituzioni locali e del decentramento chiamate – proprio in presenza di tagli pesantissimi di bilancio – a ridefinire politiche, priorità e luoghi concreti di partecipazione democratica all’interno dei quali i cittadini possano, appunto, esercitare la propria cittadinanza; imprese sociali, associazioni di promozione sociale e di volontariato, organismi di terzo settore che sono chiamati ad attualizzare e ad esercitare in modo sempre più adeguato al tempo presente il mandato che ha dato loro origine e radicamento popolare; imprese for profit che, a partire da quelle più piccole, riscoprano che il loro fine non è la ricchezza di pochi (proprietari o azionisti), ma la ricchezza dei territori nei quali sono inserite, altrimenti… finiranno col tagliare il ramo sul quale sono sedute.”

Il dialogo con gli amici marchigiani dall’altr’anno continua e a novembre scorso, in occasione della venuta di Euclides Mance in Italia, abbiamo realizzato una serie di iniziative e non solo nelle Marche.

Il lavoro di Solidarius Italia, pur con le scarse forze e con risorse poco più che volontarie sta infatti continuando nella direzione di coinvolgere altri territori e altri soggetti.

Tutto ciò con un’attenzione costante a unire formazione e azione, ricerca e intervento, coinvolgendo facoltà universitarie, docenti universitari e di istituti superiori (questi soprattutto ad indirizzo tecnico) delle diverse realtà locali nelle quali già opera la molteplicità dei soggetti attivi nel tessere relazioni ed esperienze di economie solidali.  E’ infatti necessario impedire il rischio che l’impegno comune venga asfissiato nel “fare”, nel localismo e nella frammentazione ma, al contrario cooperare perché sia  continuamente  alimentato con la riflessione e con l’acquisizione di strumenti e categorie teoriche.

E’ un impegno iniziato nelle Marche, ma che stiamo continuando a Cosenza (uno dei nostri soci è docente nel Dipartimento di Sociologia e Scienza Politica diretto da Piero Fantozzi), a Firenze e Scandicci (qui  coinvolgendo studenti e docenti del polo formativo Russel-Newton), a La Spezia (con relazioni con l’Università di Pisa), a Roma (con il CNR – nell’ISSiRFA “Massimo Severo Giannini” al quale pure sono associata – e con docenti della Facoltà di Scienze della Comunicazione della Sapienza). Altri rapporti li abbiamo con il Politecnico di Milano e a Genova.

Ma è , anche, un impegno che si alimenta con relazioni internazionali, in Europa e – come dicevo all’inizio – in America Latina, dove alcuni nostri soci hanno operato e stanno operando professionalmente in progetti di cooperazione che coinvolgono Università Statali e Federali nella promozione di vere e proprie scuole (nel nostro caso addirittura biennali) per educatori sociali e promotori di imprese e reti di economia  e collaborazione solidale. E qui l’impegno è inscidibilmente legato all’esperienza e al pensiero di Paulo Freire.

Tu dici: “I gruppi e gli organismi più consolidati in Italia potrebbero ormai chiedersi se sono in grado di dare vita ad almeno un centro nazionale che promuova l’acquisizione dei saperi più adeguati per costruire un modello economico inedito, dato che non ci viene molto dagli esempi del passato e, piuttosto, dobbiamo guarda­re avanti”.

Ti posso rispondere che le relazioni che ho personalmente sperimentato in questi anni su questi temi, prima dall’interno della cooperazione internazionale, dell’associazionismo di promozione sociale e del terzo settore, ora sulla “frontiera” della microimpresa solidale  e della costruzione faticosa delle reti e dei DES, mi portano a dire che, forse, il tempo è questo. Senza facili entusiasmi e senza pensare che questo mondo sia per definizione immune dai virus della competitività e del berlusconismo.

Ma la condivisione dell’urgenza di costruire “qualche punto di riferi­mento, dove chi desideri approfondire la sapienza dell’economia umanizzata possa trovare una fonte attendibile” e di fare tesoro “dell’apporto di quanti, in questi anni, hanno saputo fare della loro testimonianza una ri­cerca veramente feconda” mi induce, ci induce a darti una risposta non solo teorica, ma di disponibilità…cooperativa. Se vuoi possiamo incontrarci e parlarne.

Grazie dell’attenzione!

Soana Tortora